Bureau69 Architects | Max Strano Architetto Catania

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PASSIONE LIFESTYLE

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PASSIONE Lifestyle magazine: Conversazione con Max Strano

La rivista PASSIONE. di Singapore, parte del gruppo PARESA COLLECTION, ha chiesto di parlare di architettura, design, lifestyle ed esprimere il nostro concetto di wellbeing e successo.  Ecco il testo integrale tradotto in italiano. Qui la versione pubblicata dalla rivista.

PASSIONE LIFESTYLE
UP, CLOSE AND PERSONAL

Sei parole che meglio descrivono il tuo mantra per vivere una buona vita. Dove trovi l’ispirazione e i migliori consigli per i nostri lettori?

Responsabilità, concretezza, respiro, curiosità, sorriso, luce. Ho sintetizzato molto quello che negli anni mi ha dato risultati e su cosa ho basato il mio percorso personale verso la felicità. Un consiglio da dare ai lettori è quello di leggere ed apprendere ogni giorno cose nuove, sempre. Un piccolo passo al giorno verso l’indipendenza di pensiero. Non amo le “specializzazioni” ma ho sempre seguito la parola di Vitruvio che intendeva l’architetto come un conoscitore di tante cose in grado di vedere ed analizzare la realtà da tanti punti di vista ed avere la capacità di farsi circondare dalle persone giuste nella risoluzione del problema. Purtroppo, oggi si tende alla iperspecializzazione e questo conduce ad una eccessiva soggettivizzazione e /o ad una parzializzazione della visione del problema.

Cosa ti ha ispirato a perseguire il tuo percorso attuale? Qualcuno ti ha influenzato nei tuoi primi anni? E quanto è importante per te correre dei rischi?

Mio padre era un tecnico ma sopratutto da piccolo ero molto influenzato dalla figura di un amico di famiglia. Era un architetto eclettico ed amavo l’atmosfera che c’era nel suo studio quando andavo con mio padre. All’epoca si disegnava solo a mano e amavo le prospettive, i colori, i plastici….

I miei anni di professione sono stati spesi all’insegna della conoscenza, dei viaggi, delle esperienze internazionali. Ho vissuto qualche mese in Serbia, poi mi sono spostato a Barcellona (Spagna) per lavorare con lo studio di Alfredo Arribas, archietto dall’elevato talento. Poi sono rientrato in Sicilia e ho collaborato con studi locali ed anche “on line” con studi stranieri. Sono stato un precursore dello smart-working e delle virtual call. Ho sempre voluto essere un libero professionista per avere la possibilità di scegliere cosa fare, con chi farlo e, soprattutto, ho sempre amato assumermi delle responsabilità ed avere potere decisionale. Il rischio è una componente adrenalinica ma il rischio “intelligente” è quello calcolato altrimenti è follia dalle conseguenze negative.

Hai creato il Bureau 69 per riunire gli esperti del settore. Come continuare a innovare e distinguersi in un mercato molto competitivo?

Nasco come libero professionista e come freelance. L’idea di bureau69 architects nasce dall’unione con un mio ex socio/amico quando iniziammo la collaborazione a Catania, città urbanisticamente complessa e complicata. Il nome trae spunto dall’anno in cui fu approvato l’ultimo (ancora oggi è l’ultimo) piano regolatore, il 1969. Da allora la città non ha visto altri strumenti di regolamentazione e strategia. Poi negli anni, avendo tessuto rapporti con tanti professionisti sparsi in varie parti del mondo, ho pensato che bureau69 architects poteva trasformarsi in un “tavolo virtuale” dove far convergere tante idee e progetti, in varie parti e in varie circostanze. Ecco che sono nate collaborazioni e progetti in Brasile e nel Regno Unito. Dal 2000 ad oggi, il vero carattere distintivo del mio operare rimane la trasparenza, l’onestà e l’etica. Tutti valori che nel mondo consumista hanno perso di significato ma che, secondo me, vanno riconquistati, insieme al tempo, per generare un mondo davvero migliore: il mondo che vogliamo parte da noi e non, come spesso si pensa, arriva a noi.

Creatività significa abbracciare curiosità, adattabilità, flessibilità, coerenza e fiducia, solo per citarne alcuni. Qual è l’approccio che mantieni come mantra per il successo?

Intanto mi piacerebbe dire che quello che la società odierna intende come “successo” è solo un tipo di successo, tra tanti possibili. Ognuno di noi deve perseguire il successo personale che può essere professionale, o economico, o interiore, o altro. Quindi bisogna sdoganare il concetto di successo solo riferito al confronto competitivo con altri ed al raggiungimento di obiettivi concreti, ed economici. Il successo credo che sia la serenità personale, la pace interiore, il sorriso a fine giornata. L’alta competitività indotta della società contemporanea ci fa pensare che l’unico successo sia quello legato ai risultati, alla posizione sociale, al possesso degli status symbol. Spesso la gente si sente in difetto se non si allinea a ciò che i “social” ci mostrano. Ma la realtà non è questa ovviamente. Ognuno di noi ha una storia a sé, un proprio background culturale, sociale ed ognuno deve segnare il proprio cammino ed i proprio obiettivi. Ad esempio, per me oggi nel 2024, essere un buon padre ha un significato molto più profondo che essere un buon architetto. Provo ad essere un buon architetto pensando da buon padre di famiglia, che poi è la vera missione degli architetti.

Dove è iniziata la tua passione per l’architettura e come continui a innovare in un settore così competitivo? Puoi condividere di più su come ciò è avvenuto?

La passione per l’architettura è venuta viaggiando. Il mio amore per I viaggi mi ha portato a scoprire “luoghi” che mi hanno cambiato e pertanto, ho capito, dopo aver fatto l’università, che sono i luoghi e le storie a formare l’uomo. E per questo ho iniziato ad attribuire all’architettura un significato profondo, di responsabilità sociale.

Quale credi sia la filosofia progettuale più importante che i futuri architetti devono considerare con tutte le nostre preoccupazioni planetarie ed economiche come società globale?

Da alcuni anni l’architettura ha iniziato ad appartenere allo star system. Ricordo quando ero all’università si parlava poco di architettura fuori dalle riviste specializzate e questo creava frustrazione agli addetti ai lavori. Oggi, con l’avvento dei social e soprattutto dell’uso spasmodico delle immagini, credo che l’architettura sia forse troppo presente e che si dia un significato molto estetico e poco etico. Credo che l’architettura debba riappropriarsi del “metodo” tradizionale fatto di equilibrio e di ricerca mettendo l’uomo e l’ambiente al centro del processo creativo. Chiedendo agli architetti di rinunciare al proprio ego ed alla voglia di affermazione. L’architettura ha bisogno di pensiero e, secondo me, di umiltà.

Per misurare e raggiungere il successo personale, quali iniziative o parametri specifici consiglieresti?

Non so se esista una ricetta ma posso parlare di come io, negli anni, abbia fatto un percorso “a ritroso” nel cercare di riconquistare la serenità personale. Proprio non ricercando il successo “convenzionale” ed iniziando un percorso interiore basato sulla consapevolezza e sulla ricerca del positivo in tutti gli eventi della mia vita. Ho ridimensionato la scala del mio ego, vedendomi come parte di un contesto più grande, e quindi ridimensionando le conseguenze di qualsiasi evento “negativo” leggendolo come un evento generato da una energia più grande. In questo il pensiero buddista di Nichiren, trasmesso da Daisaku Ikeda, mi ha aiutato molto.

Cosa significa per te la sostenibilità?

 Essere sostenibili per me significa tenere sempre un atteggiamento responsabile. Se sei responsabile nel metodo e nel processo creativo e costruttivo, stai facendo qualcosa di sostenibile. Tutto il resto, a mio aviso, è brain washing. Ad esempio da qualche anno sono un Passivhaus designer, quindi ho acquisito le nozioni per progettare edifici passivi, edifici che consumano pochissimo in termini di energia. Le direttive europee, applicate in Italia dal 2021, obbligano a costruire edifici nuovi secondo gli stardard NZEB (Nearly Zero Energy Building) secondo un approccio che tende a bilanciare l’energia consumata con quella prodotta da fonti sostenibili. Il principio Passivhaus secondo me è più etico perché ci insegna a progettare nel rispetto del minor consumo e non secondo il principio che posso consumare, basta che produca energia. L’uomo deve essere rieducato al consumare ciò che è strettamente necessario per rispettare le risorse naturali per allontanarsi dal consumismo. Un edificio Passivhaus è un edificio che usa l’energia solare (sfruttando la giusta esposizione degli edifici) per accumulare calore ed, insieme ad una tecnologia costruttiva molto precisa, ottimizza la prestazione termica dell’edificio e riduce al minimo le dispersioni termiche. Infatti sono edifici che non hanno la necessità di impianti di riscaldamento e/o raffrescamento. E’ più etico no? Quindi più sostenibile. Ecco , per me sostenibilità ed eticità vanno insieme.

Cosa ti ispira? Cosa ti porta armonia? Quali sono i tre momenti più straordinari della tua vita finora?

Per me oggi l’armonia è la mia famiglia e l’immediato contesto, fatto di amici e persone. Armonia è il giusto equilibrio tra lavoro e vita privata. Uno dei principali motivi del mio rientro in Sicilia, dopo anni all’estero e soprattutto dopo alcuni anni a Londra, è stato proprio il desiderio di tornare ad uno stile di vita più a dimensione umana. Londra è una città che offre tanto ma il prezzo che paghi in termini di qualità di vita è altissimo. Ho avuto molti momenti importanti nella mia vita e tantissimi cambiamenti ma forse i più importanti sono la nascita di mia figlia, quando ho completato la mia casa ed il giorno che ho incontrato la mia attuale compagna.

Quale libro ha avuto l’impatto più significativo sulla tua vita? Attualmente stai leggendo qualcosa? Preferisci i libri fisici o gli e-book?

Amo il libro come oggetto. Adoro l’odore della carta, specialmente quando il libro è nuovo. Il libro è uno dei pochi oggetti che sta sempre con me. Con il tempo ho imparato a distaccarmi molto dalla matericità degli oggetti e dal concetto di “possesso”, ed ho anche imparato a leggere e-book . Però il libro è uno di quegli oggetti sempre con me: in borsa, sul tavolo, sul comodino, in macchina.

Tra I libri che ricordo hanno cambiato la mia percezione della vita sono Siddharta di Herman Hesse, Due di Due di Andrea De Carlo, l’arte di ascoltare di Plutarco, Alcune questioni di filosofia morale di Hannah Arendt ed anche un piccolo libro di Umberto Eco, Cinque scritti morali.

In questo momento sto leggendo La città dei ricchi e la città dei poveri di Bernardo Secchi, L’idea costruita di Alberto Campo Baeza, Sette lezioni sull’epicurismo di John Sellars, Biografia di Miles Davis di Luca Cerchiari.

Se potessi progettare un edificio in qualsiasi parte del mondo, quale sarebbe e dove lo costruiresti?

Ho avuto la possibilità di lavorare sia in Italia, in Brasile e in UK. Credo che I posti che mi affascinano di più sono i luoghi caldi dove c’è il controllo della luce diretta. Forse l’INDIA anche se non la conosco.

Qual è il tuo materiale preferito con cui lavorare?

Ho scoperto una passione per il legno da adulto. E’ un materiale sostenibile e rigenerabile, modellabile e plasmabile e sempre vivo. Amo molto il fatto che il legno si modifica col tempo ed ha bisogno di cura. Senza la cura le cose si distruggono e questo non è sostenibile

Qual è il miglior consiglio che tu abbia mai ricevuto?

Non ricordo un consiglio vero e proprio ma ho imparato ad aspettare prima di giudicare. Aspettare che le cose sedimentino. Il consiglio migliore lo prendo dalla filosofia buddista ed è quello di trasformare (o provare a trasformare) il dolore in opportunità.

Qual è la lezione più preziosa che hai imparato nel corso della tua carriera?

Ho imparato che il dettaglio fa il progetto. Ho imparato che ogni progetto è una storia a se stante e per quanto tu possa avere esperienza ogni progetto nasconde insidie, quindi va sempre controllato nel dettaglio. Ho anche imparato che l’architetto deve disegnare, ed oggi si disegna poco. Io disegno tutto, provo a ricostruire con la matita nel mio blocknotes ogni singolo dettaglio, ed il mio processo è quello di immaginare le lavorazioni necessarie per quel particolare dettaglio. E’ la parte del progetto che più mi affascina. L’intelligenza artificiale certamente potrà sostituire l’uomo nella fase di concept design. In fondo già i computer da tempo danno una grande mano alla creazione di forme nuove , parametriche. Senza PC alcuni progetti e gran parte dell’architettura contemporanea non sarebbe esistita. Ma credo che l’architetto conserverà il suo ruolo in quanto legato alla “Techne”.

Chi sarebbe l’ospite dei tuoi sogni se fossi il conduttore di un talk show?

Inviterei Steve Wonder, Herbie Hankock e Keith Jarrett. Ho studiato pianoforte ed amo il jazz ma ovviamente non sono così bravo. Però loro hanno cambiato il mio modo di ascoltare la musica e mi hanno ispirato moltissimo, anche nella vita.     

Cosa c’è nel tuo quartiere? Ti piacerebbe condividere con i nostri lettori un punto di ristoro, un ritrovo o un negozio preferito che vorresti visitare per fare shopping?

Da circa un anno sono tornato a vivere in Sicilia, una perla del mediterraneo, Una terra ricca di storia, cultura e tanti contrasti tipici delle terre di confine. La nostra vita quotidiana è intrisa di riferimenti a diverse culture: da quella greca alla romana, a quella araba, Spagnola, francese. La nostra lingua (dialetto) e la nostra cucina sono ricche di sfumature che rendono unica questa terra. Consiglio vivamente una visita ma non riesco a sintetizzare tutto in un luogo. Forse per noi il “luogo” per eccellenza è il Vulcano Etna, il più alto d’Europa, sempre attivo, che noi decliniamo al femminile perchè è generatrice di tutto.

Quali trucchi imprenditoriali hai scoperto per mantenerti concentrato e produttivo nella tua fitta agenda quotidiana?

Io sono un organizzatore seriale, ho imparato a trascrivere tutto. Ogni giorno scrivo gli obiettivi quotidiani: quelli che non raggiungo li riporto per il giorno successivo. E’ gratificante vedere “spuntati” tutti gli obiettivi raggiunti a fine giornata. Tengo a precisare che non mi reputo una persona molto competitiva con gli altri ma altamente competitiva con sé stesso. Mi piace dimostrare a me stesso che riesco ad ottenere gli obiettivi prefissati. Credo fermamente che si debba abbandonare il concetto di essere meglio degli altri, e riprendere il rapporto con se stessi. Un “se stesso” che negli ultimi anni abbiamo dimenticato e tralasciato specchiandoci nella vita di qualcun altro.

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